La città dentro il museo: lo strano caso della Quadreria di Bologna

L’uso degli spazi museali per la rappresentazione teatrale della realtà: quando l’arte si trasforma in magia…

di Marco Marano

L’uso degli spazi museali, come sede naturale per spettacoli teatrali, anche in movimento, ci porta dalla storia alla contemporaneità: dal punto di vista della comunità urbana, può anche diventare un modello di promozione del patrimonio artistico. Una strategia doppiamente vincente se la dimensione dinamica della rappresentazione scenica apre le porte alla sensibilizzazione, all’informazione, alla comunità partecipata

La messa in scena di “Tutta la vita in un foglio”, a cura della Compagnia Cantieri Meticci, presso la Quadreria di Bologna, eseguita nell’aprile del 2018, nell’ambito dei programmi di alternanza scuola lavoro, racconta una esperienza di sintesi comunitaria

Si, perché i soggetti in campo sono stati, da un lato, la Scuola Galvani, con una ventina dei loro studenti che mostravano abilità artistico-espressive. Poi la Quadreria, luogo magico, i cui muri raccontano la storia antica di Bologna, con i suoi dipinti appesi tra il medioevo e l’età moderna. Infine la compagnia Cantieri Meticci, nata dall’incontro di teatranti bolognesi e rifugiati, provenienti da altre terre ed altri luoghi, ma accolti nella città delle Due Torri, rimembrando quel senso di accoglienza lontana, intrisa di tradizione civica…

Come quella ad esempio dei “Poveri Vergognosi”, che all’inizio dell’età moderna vedeva l’accoglienza di chi cadeva in disgrazia e si vergognava di mostrare la proprio povertà. A quel tempo, precedente alla prima rivoluzione industriale, gli enti benefici, sull’accoglienza dei Poveri Vergognosi, avevano già definito una prassi civica, che oggi possiamo ritrovare nei confronti di chi scappa da guerre, violenze e dittature… E la Quadreria conserva quel patrimonio artistico dell’epoca con i dipinti dal valore inestimabile. Ma conserva anche il senso della dimensione civica che la città felsinea interpreta da secoli.

Dicevamo dell’esperienza di sintesi dentro la Quadreria, dove spazio museale e rappresentazione teatrale formano una osmosi tra arte e contemporaneità, per scoprire il “dolore dell’oggi”.

Ma c’è un altro tema, quello della sinergia tra spazio e messa in scena. In tal senso, il primo spunto di riflessione nasce dal fatto che lo spazio museale, statico per definizione, si trasforma in spazio dinamico. Il secondo spunto si rifà alla “sacralità” dello spazio statico: un teatro, una chiesa, una moschea, una sinagoga… In tutte queste esperienze vi sono in comune due elementi: la rappresentazione e la sollevazione dalla realtà. In effetti è il secondo elemento a creare un’esperienza sensoriale unica. La sua unicità è condensata nella dimensione extra quotidiana che produce…

Prima ancora della rappresentazione, insomma, c’è la sollevazione dalla realtà, verso un tipo di magia scenica che ferma il senso del tempo, tipica appunto dei luoghi di culto, come anche dei musei, o dei teatri…

Nel caso della Quadreria, la possibilità di utilizzare cinque o sei spazi contemporaneamente, in una sorta di “via crucis laica del racconto”, cioè attraverso una messa in scena itinerante, ha generato energie sensoriali, ma anche simboliche, che dallo spazio storico si sono proiettate all’oggi.

Il tempo, dunque, si ferma. Inizia la sollevazione extra quotidiana. Parole, suoni, immagini virtuali si incrociano. Come anche gli sguardi degli spettatori che assistono all’evento, attraverso quel gioco teatrale che si sviluppa e poi implode in una dimensione di continuo movimento