MigraLab

PROGETTO MIGRALAB

2010

Contestualizzazione della proposta
Le rapide trasformazioni della morfologia sociale degli ultimi anni hanno imposto sempre di più l’esigenza di governance locali contestualizzate alle linee e ai contenuti delle agende europee: coesione sociale piuttosto che politiche del lavoro. In tal senso l’agenda di Lisbona, con le sue varie rimodulazioni, ha posto in essere un’altra visione delle logiche di welfare, e cioè proprio quella relativa allo sviluppo territoriale come efficace strategia per il futuro. La risposta ai bisogni di tipo emergenziale depriva il territorio di una reale possibilità di sviluppo. Senza strategia territoriale quindi non può esserci sviluppo. Anche perché nella misura in cui strategicamente si risponde sia alle esigenze di inclusione delle persone espulse dal mercato del lavoro che alla riattivazione di mestieri in crisi vocazionale, la sintesi di ciò riconduce ad un altro concetto fondante nelle strategie dell’agenda di Lisbona: la “sostenibilità”.
Dal 2010 leggiamo rapporti e statistiche che fotografano un paese dove i principali canali di erogazione dello sviluppo sociale ed economico non funzionano. Non funziona il sistema delle imprese, investite dalla crisi economica, da cui difficilmente si riesce ad uscire. Non funziona il mercato del lavoro, con alti livelli di disoccupazione, redditi bassissimi, e con un sistema fiscale inversamente proporzionale: chi meno guadagna più paga. Non funziona il sistema scolastico-formativo. Non funziona il welfare, per cui chi è ai margini della società non ha possibilità di mobilità. Tutto ciò produce uno scenario nazionale all’interno del quale un cittadino su quattro è in stato di marginalità. Sempre di più quindi il tema del rapporto tra nuove povertà e marginalità diventa tra i principali fenomeni del nostro tempo, che coinvolge, in qualche modo tutte le aree regionali italiane, fatto questo che prescinde dal secolare squilibrio tra nord e sud del paese.
In tal senso, anche in una città come Bologna, tradizionalmente vocata allo sviluppo economico, la dimensione della marginalità sociale, prodotta dal corto circuito dei processi produttivi, assume una importanza rilevante. Se a ciò si aggiunge l’incessante processo migratorio di questi anni, non accompagnato da azioni virtuose, in linea con le trasformazioni della morfologia sociale, quello che esce fuori è un welfare cittadino che non riesce a rispondere ai bisogni del tessuto urbano, anche perché l’approccio alle politiche sociali è assolutamente obsoleto, legato cioè ad una visione assistenzialistica superata da un ventennio di trasformazioni.
Se dunque la situazione è sempre più a rischio per diverse tipologie di attori sociali, appare dunque evidente che, se si vogliono affrontare i problemi legati alle marginalità urbane, diventa necessario studiare questa realtà, per comprendere come quelle che dovrebbero essere dinamiche sociali si cicatrizzano in statiche sociali.
Occorre segnalare che in un contesto siffatto, una vision territoriale proiettata alla ricerca di buone prassi, laddove il contesto è deprivato di azioni virtuose, può essere innescata partendo da esperienze di contesto anche isolate.
Il SIARR (Sportello Integrazione e Autonomia per Richiedenti e rifugiati) è l’organismo interno allo Sportello Protezioni Internazionali, titolare del progetto Sprar, finalizzato all’integrazione socio-lavorativa, di cittadini stranieri beneficiari di protezione internazionale. Si occupa di: bilancio delle competenze, assesment clinico, mappatura, aggancio, inserimento nel mercato. L’anello mancante, allo stato attuale, è la possibilità di una evoluzione legata allo sviluppo territoriale che l’incrocio tra offerta di mestieri artigianali e domanda di mestieri introvabili può determinare, attraverso una formazione professionalizzante, e la messa a punto di una filiera sociale sostenibile. Ecco perché s’intende, attraverso questo progetto, allargare il bacino d’utenza a tutta la popolazione migrante del territorio metropolitano, adottando il modello d’intervento del SIARR, mutuato come buona prassi nel 2009 dal Servizio Centrale dello SPRAR.
Motivazioni della proposta
L’ambito di intervento su cui si vuole sviluppare la proposta è quello di rivitalizzare, attraverso strategie di sviluppo locale, il comparto dei mestieri artigianali che stanno scomparendo a causa della crisi vocazionale che generazionalmente investe le società cosiddette avanzate.
La possibilità di ricucitura di questo strappo generazionale proviene prevalentemente dai cittadini migranti, i quali sono portatori di abilità artigianali proprie alla caratteristiche produttive dei loro paesi d’origine.
In tal senso, riuscire a costruire filiere bidirezionali che possano ridefinire un sistema produttivo che si sta perdendo, dove attori pubblici e privati possano interagire in network, può rappresentare un modello d’intervento possibile per incrociare domanda e offerta ambedue disattese. Sarebbe quindi auspicabile la realizzazione di forme stabili di “alleanza” tra stakeholders, che partendo da prospettive diverse, hanno la necessità di far convergere i loro interessi proprio all’interno della suddetta filiera.
Il progetto vuole, dunque, porsi in linea proprio con questa logica di governance, germogliata negli ultimi dieci anni grazie al legislatore europeo in una visone globale del localismo, attraverso l’attivazione di azioni di sistema, che sintetizzino le esigenze dello sviluppo locale con l’incrocio ai bisogni di inclusione sociale.
Il progetto mette al centro l’integrazione di comparti e servizi che possono portare alla stabilizzazione sociale, persa o mai raggiunta. Il rapporto tra le attività e le azioni diventa dinamico in ragione di un take care di tipo sociale, cioè a dire la dimensione lavorativa diventa dinamicamente azione del prendersi cura sociale. Ecco perché il concetto del take care, cioè del prendersi cura, quindi facilitare e non assistere, diventa centrale poiché designa l’iter di azioni e d’interventi specifici pensati attorno al soggetto, superando le logiche assistenzialistiche, non più in linea con i paradigmi del modello di governance europeo.
Analisi di scenarioSi torna nei campi e poi un’altra buonissima alternativa all’attesa di un lavoro che non arriva è un proficuo periodo di apprendistato presso un artigiano, per imparare a fare tante professioni che non risultano in crisi. C’è spazio in bottega”. L’Ufficio Studi di Confartigianato ha stilato la classifica dei mestieri più trascurati. Introvabili e in cima alla graduatoria dei più richiesti ci sono gli installatori di infissi e serramenti; sul podio salgono poi panettieri e pastai davanti a tessitori e maglieristi. Difficili da trovare, inoltre, tagliatori di pietre, scalpellini e marmisti. Sono relativamente pochi anche pasticceri e gelatai, pavimentatori, sarti, parrucchieri, falegnami installatori di impianti. Non è una novità che ci sia richiesta per un mestiere duro come il panettiere o il marmista; significativo che tornino in auge professioni come il sarto e il calzolaio, in trend con la rinata attenzione per la produzione di qualità e fatta a mano, ma anche con la manutenzione ed il riutilizzo di tanti beni e prodotti.
Un primo dato importante del progetto Excelsior riguarda l’andamento dell’occupazione nelle imprese artigiane. Esso, calcolato come differenza stimata tra movimenti in entrata (assunzioni previste) e in uscita (licenziamenti previsti) è stato positivo e superiore a quello riferito alla totalità del sistema produttivo fino al 2008. Solo nel 2009 la tendenza si inverte e le imprese artigiane prevedevano un deflusso di occupazione superiore a quello totale.
Nonostante la riduzione della domanda di lavoro, ben il 25,1% delle imprese artigiane segnalava difficoltà di reperimento di figure professionali adeguate nel 2009. Si tratta di una quota significativa e superiore di quasi cinque punti di quella riferita alla totalità delle imprese (20,5%). Questo dato risulta ancor più critico se si considerano i tempi di ricerca necessari per le imprese per trovare lavoratori con i profili professionali desiderati: circa 10 mesi contro i 6 dichiarati dalla totalità delle imprese.
Risulta dunque utile analizzare i motivi delle difficoltà di reperimento che differenziano l’artigianato dalla totalità delle imprese. Per le imprese artigiane i principali motivi di difficoltà di reperimento sono rappresentati da 1) la concorrenza tra le imprese nell’”accaparrarsi” la manodopera (43,9% dei casi), 2) scarsa disponibilità a svolgere il lavoro offerto (25,5% dei casi) spesso di tipo manuale. Di nuovo, siamo di fronte a percentuali ben maggiori rispetto a quelle riferibili alla totalità del sistema economico. Nella prima motivazione si intravede la forte scarsità di manodopera qualificata disponibile sul mercato del lavoro; nella seconda una maggiore propensione dei giovani a svolgere lavori non manuali che seppure poco qualificanti e remunerati (l’esempio classico è l’operatore del call center) appaiono più appetibili.

Graf. 4. 2009: assunzioni non stagionali di difficile reperimento e tempi di ricerca (quote percentuali sul totale delle assunzioni; fonte: Progetto Excelsior)
Questa circostanza rimanda ai temi della formazione e dei contratti più idonei per l’inserimento della manodopera. Secondo le imprese artigiane è ancora larga la distanza che oggi divide il sapere dal saper fare cioè la conoscenza teorica dalle competenze tecniche e pratiche: sebbene in diminuzione rispetto al passato, nel 2009 la quota di assunzioni previste per le quali si avvertiva la necessità di formazione era pari al 63,4% del totale.
Infine, secondo il rapporto di Unioncamere del 2012, le imprese sono in cerca di ben 25 categorie lavorative, per un totale di quasi 100mila posti lasciati vacanti, definiti “i mestieri introvabili”.
Obiettivo generale
L’obiettivo generale della proposta può essere rappresentato come un processo di “fotosintesi sociale” laddove dei settori produttivi territoriali, legati alle tradizioni artigiane, che stanno scomparendo, possono essere rivitalizzati dai cittadini migranti, che da un lato sono portatori di abilità legate ai mestieri artigianali, dall’altro però sono stigmatizzati, dalla falsa credenza generalizzata, in quanto “ladri di lavoro italiano”.
Obiettivi specifici
Implementazione del SIARR Costruzione di un tavolo permanente di stakeholders su “Welfare finalizzato allo sviluppo locale” Inserimento lavorativo di unità in imprese artigiane in crisi vocazionale Costruzione di imprese autonome di migranti attraverso forme di microfinanza
Luogo di realizzazione del progetto
CITTA’ METROPOLITANA BOLOGNESE
Attività previste nel progetto (a livello tipologico)
Costruzione della rete territoriale Valutazione sul ruolo giocato dagli stakeholder territoriali Individuazione dei possibili stakeholder territoriali a supporto del progetto Costituzione della rete territoriale
Formazione/tirocini in bottega artigiana: dieci unità Selezione delle aziende attraverso bando della Camera di Commercio. Si tratta di PMI della provincia di Bologna hanno segnalato la difficoltà di reperire personale interessato ad imparare il mestiere, o disponibile ad orari magari scomodi ma inevitabili. Selezione, orientamento e bilancio delle competenze delle unità da inserire nel mercato del lavoro attraverso il SIARR Tirocini di sei mesi monitorati dal SIARR. Indennità di frequenza per i tirocinanti e un rimborso per le aziende
Partner di progetto: Camera di Commercio
Incubatore di impresa e al lavoro autonomo: dieci unità Analisi categorie sociali Analisi di mercato Selezione destinatari Bussiness training Istruttoria progetto d’impresa Bussiness angel Tutoraggio start-up Partner di progetto: Associazione microfinanza e sviluppo Validazione del modello d’intervento
Disseminazione dei risultati
Beneficiari previsti
Diretti (target group) – Migranti: famiglie monoreddito con famiglie a carico in loco donne che cercano di inserirsi nel mercato del lavoro donne sole con figli a carico; disoccupati a bassa scolarità con famiglie a carico; disoccupati senza famiglia. n.ro: 20 unità
Indiretti (target group) – Staff Siarr n.ro 3
Risorse umane da coinvolgere
Formazione/tirocini in bottega artigiana Implementazione dello staff SIARR con una espansione dell’attuale monte ore da 11 ore settimanali per tre unità a 20 ore settimanali per tre unità.
Incubatore di impresa e al lavoro autonomo: dieci unità N°1 Project Leader Asp N°1 Esperto Associazione Microfinanza
Elementi di innovazione
La possibilità di costruire un percorso integrato tra inclusione sociale e sviluppo locale descrive il tasso di innovazione che il progetto si pone, questo perché la lettura dei bisogni sociali oggi si lega alla dimensione territoriale nel suo complesso. Concepire una vision territoriale strutturata sul concetto di “Welfare finalizzato allo sviluppo locale”, rappresenterebbe una innovazione nelle logiche di governance, vicini ai dettami degli obiettivi di programmazione europei.
Risultati attesi
Inserimento strutturato di almeno 5/10 unità in piccole o medie imprese artigiane Costituzione di N° 10 start-up d’impresa Validazione del modello d’intervento per la replicabilità ogni due anni
Indicatori di valutazione
– Indicatori di output – Indicatori di risultato – Indicatori di impatto